In azienda i ritmi di lavoro sono particolarmente serrati. La suddivisione in micro-progetti, la nomina di capo team, l’uso di slack per collaborare a distanza, la gestione di trello anche in combinata con il cliente, talvolta non sono sufficienti ad evitare le problematiche correlate alla malattia del lavoratore (urgenze, rinvii, consegne). Vediamo i profili legali da tenere in maggiore considerazione.
Come gestire il rapporto di lavoro durante la malattia?
Accade spesso che, durante il rapporto di lavoro, il dipendente si ammali per brevi o per lunghi periodi. Pur non essendoci attività lavorativa durante la malattia, esistono dei diritti e degli obblighi precisi per entrambe le parti anche in questa particolare fase del rapporto e le problematiche di gestione non mancano.
Va da sé che, in base anche alle dimensioni dell’agenzia, al periodo dell’anno, ai progetti da gestire, la malattia di un project manager o di un responsabile senior può recare maggiori problematiche della situazione in cui ad ammalarsi sia un apprendista grafico o uno stagista.
Il project manager in malattia: diritti e doveri
La malattia comporta la sospensione temporanea del rapporto di lavoro.
Ciò significa che il lavoratore è impossibilitato ed esonerato dallo svolgere l’attività lavorativa perché il proprio stato di salute lo rende incapace al lavoro.
Durante tale periodo l’assenza dal lavoro è giustificata a condizione che il dipendente osservi due obblighi di condotta (entrambi sono contenuti e precisati all’interno del contratto collettivo applicato al suo rapporto di lavoro).
1) Obbligo di informare dell’assenza l’agenzia di marketing
Il project manager (nell’esempio) o comunque in generale il lavoratore dipendente dell’agenzia a prescindere dalla qualifica deve avvisare il datore di lavoro tempestivamente della propria assenza.
Spesso i CCNL individuano dei precisi intervalli orari (ad esempio, prima dell’inizio del proprio orario di lavoro o entro un certo numero di ore successive). Bisogna quindi in primis verificare cosa impone il contratto e poi uniformarsi.
La comunicazione serve, dunque, a giustificare la propria assenza dal lavoro.
2) Obbligo di certificare la malattia alla software house
È poi fondamentale che lo stato di salute del project manager (riprendendo l’esempio) venga certificato ovvero confermato in via formale.
La malattia deve quindi essere attestata dal certificato medico rilasciato dal proprio medico curante all’esito della visita ambulatoriale. Nel corso della visita, il lavoratore deve comunicare il proprio indirizzo di reperibilità per il periodo di malattia, se diverso da quello di residenza in possesso del datore di lavoro. Il medico si occupa di trasmettere il certificato, per via telematica, all’INPS mentre il lavoratore deve chiedere il numero di protocollo da comunicare al proprio datore di lavoro; comunicazione, questa, che deve avvenire nel rispetto dei termini previsti dal CCNL.
L’INPS mette a disposizione delle aziende i certificati medici dei dipendenti caricati telematicamente; i documenti in questione contengono solo la prognosi (durata presunta della malattia) e non la diagnosi (identificazione della natura della malattia).
E se il responsabile marketing non comunica la malattia all’azienda?
L’inosservanza di questi obblighi di informazione e certificazione rappresenta un inadempimento del lavoratore e consente all’azienda di attivare il procedimento disciplinare. Di particolare rilevanza è l’obbligo di certificazione che, se non rispettato, non consente di ritenere giustificata l’assenza (permettendo sempre al datore di lavoro di esercitare l’azione disciplinare).
L’assenza ingiustificata è una condotta di particolare gravità e, se protratta oltre l’arco temporale individuato dai contratti collettivi, può portare al licenziamento per giusta causa del lavoratore.
Il lavoratore ha, inoltre, l’obbligo di essere reperibile presso l’indirizzo abituale comunicato all’azienda o presso l’indirizzo di reperibilità indicato sul certificato di malattia per l’intera durata della malattia, comprese le domeniche ed i giorni festivi e ciò in apposite fasce orarie: dalle 10:00 alle 12:00 del mattino e dalle 17:00 alle 19:00 del pomeriggio.
Il periodo di malattia è tutelato dall’INPS mediante il riconoscimento di un’indennità economica ma solo per specifiche categorie di lavoratori (operai del settore industria; operai, impiegati e quadri del settore commercio). Negli altri casi, il trattamento è a carico del datore di lavoro il quale, in base alle previsioni del CCNL, può essere tenuto a corrispondere un’integrazione economica anche nelle ipotesi di tutela INPS.
L’agenzia può controllare il lavoratore in malattia?
Lo Statuto dei Lavoratori vieta ai datori di lavoro di compiere accertamenti diretti sull’idoneità al lavoro dei propri dipendenti, su malattie o infortuni (art. 5 L. n. 300/1970).
Il controllo delle assenze può essere effettuato solo tramite i servizi ispettivi degli istituti competenti (come l’INPS) che sono tenuti ad attivarsi quando il datore di lavoro lo richiede.
Quindi:
- NO al controllo diretto
- SI al controllo indiretto.
I controlli dell’agenzia di comunicazione
L’azienda può richiedere all’INPS di effettuare, tramite propri medici ispettori, un controllo della malattia dei propri dipendenti. Il controllo avviene mediante verifica compiuta dagli ispettori presso l’indirizzo abituale comunicato dal dipendente all’azienda o presso l’indirizzo di reperibilità indicato sul certificato di malattia nelle sopra indicate fasce orarie di reperibilità (10-12 / 17-19).
La cooperazione del lavoratore dipendente
Il lavoratore deve cooperare e consentire lo svolgimento della visita di controllo, permettendo l’ingresso del medico INPS. All’esito della visita, il medico redige un report della verifica condotta indicando se le condizioni di salute del lavoratore lo rendono o meno capace al lavoro; il report è poi disponibile alle aziende.
L’assenza ingiustificata del lavoratore alla visita di controllo comporta la perdita del trattamento di malattia e rappresenta una violazione degli obblighi di condotta del dipendente che consente all’azienda di attivare il procedimento disciplinare.
Il giustificato motivo che permette l’esonero dall’obbligo di reperibilità ricorre nei casi di ricovero ospedaliero, forza maggiore, situazioni che abbiano reso indifferibile la presenza del lavoratore altrove o concomitanza di visite / accertamenti specialistici ma dimostrando che questi non potevano essere fissati in orari diversi da quelli di reperibilità.
Al di fuori delle verifiche sanitarie (per le quali valgono le regole dello Statuto dei Lavoratori sopra accennate), il datore di lavoro ha facoltà di compiere accertamenti – tramite agenzie investigative private – di circostanze di fatto atte a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato d’incapacità lavorativa e, quindi, a giustificare l’assenza. Questa possibilità è particolarmente utile nel caso in cui si abbia sospetto o notizia che il lavoratore svolga un’altra attività lavorativa durante la malattia (leggi più sotto).
Il diritto di conservare il posto di lavoro
Durante la malattia, il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro per tutto il periodo previsto dal contratto collettivo (c.d. periodo di comporto).
Come funziona il periodo di comporto in agenzia?
Ne consegue che il datore di lavoro non può licenziare il lavoratore durante il comporto: il licenziamento intimato prima dello scadere del comporto e motivato dal perdurare della malattia è nullo.
Durante il comporto, il licenziamento è possibile solo in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo: la giusta causa consente di interrompere il rapporto con effetto immediato nonostante l’assenza per malattia; il giustificato motivo non comporta la risoluzione immediata del rapporto di lavoro, ma gli effetti del licenziamento restano sospesi sino al termine della malattia (proprio perché si tratta di un periodo di sospensione del rapporto lavorativo).
Alla scadenza del periodo di comporto, il rapporto prosegue salvo che l’azienda decida di risolverlo. Il licenziamento per superamento del periodo di comporto è possibile, solo se il periodo di conservazione del posto di lavoro è stato effettivamente superato dal dipendente: il calcolo può essere complesso in quanto i CCNL spesso individuano il numero massimo di assenze possibili ma entro un arco temporale di riferimento (anno di calendario o anno solare) ed è fondamentale eseguire correttamente il conteggio per la validità del licenziamento.
- Se la malattia interessa un lavoratore affetto da handicap o disabilità è discriminatorio applicare lo stesso periodo di comporto previsto dal CCNL per gli altri lavoratori. Due conseguenze: il licenziamento eventualmente intimato è nullo e sono discriminatorie le clausole dei contratti collettivi che non prevedano un comporto più lungo per questi lavoratori.
- Se la malattia è imputabile alla responsabilità del datore di lavoro (ad esempio, in caso di accertamento di mobbing), i giorni di assenza non possono essere contemplati nel calcolo del comporto.
Come funziona il licenziamento del lavoratore in malattia?
Il licenziamento per superamento del periodo di comporto deve essere tempestivo perché, scaduta la malattia, l’inerzia del datore di lavoro può equivalere ad una rinuncia della facoltà di interrompere il rapporto.
Occorre, infine, prestare particolare attenzione alla stesura della lettera di licenziamento in quanto occorre dettagliare la motivazione, precisando quantomeno il numero totale delle assenze registrate nell’arco temporale di riferimento previsto dal CCNL oppure dettagliando i singoli giorni di assenza.
E se il lavoratore svolge un’altra attività lavorativa durante la malattia?
In linea di principio, durante la malattia, le condizioni di salute del lavoratore non gli permettono di lavorare né per il proprio datore di lavoro, né per altri.
L’obbligo di fedeltà all’agenzia di comunicazione
Va ricordato che sebbene il rapporto sia sospeso, resta l’obbligo di fedeltà del dipendente (art. 2105 c.c.) che non può trattare affari in proprio o in concorrenza con il datore di lavoro.
L’attività lavorativa alternativa del dipendente
Tuttavia, la giurisprudenza ritiene possibile lo svolgimento di altra attività lavorativa durante la malattia purché questo comportamento non sia tale da integrare una simulazione fraudolenta della malattia o idoneo a ritardare, compromettere o pregiudicare la guarigione e, dunque, il rientro in servizio.
Se l’altra attività, invece, è incompatibile con la malattia, il datore di lavoro ha la possibilità di attivare il procedimento disciplinare e, in base alla gravità del comportamento, si può giungere sino alla sanzione del licenziamento per giusta causa.
E’ bene, però, considerare che è l’azienda a dover dimostrare l’incompatibilità tra la malattia e l’altra attività lavorativa. Ciò può risultare complesso atteso che il datore di lavoro non può conoscere la tipologia di malattia, trattandosi di un dato riservato, salvo che non sia stato il lavoratore stesso a comunicargli i motivi specifici della propria assenza.
Step da seguire dall’agenza o dalla software house per il dipendente in malattia
Ecco quindi, in sintesi i punti fondamentali da seguire:
- Osservare gli obblighi di informazione e certificazione durante il periodo di malattia perché la loro inosservanza può legittimare l’apertura di un procedimento disciplinare.
- Durante la malattia, il lavoratore ha diritto a conservare il posto di lavoro e non può essere licenziato a causa della sua assenza.
- Occorre prestare particolare attenzione nel caso in cui il lavoratore superi il periodo di comporto e si voglia comunicare il licenziamento. Le regole di calcolo sono complesse e devono tener conto degli orientamenti della giurisprudenza (soprattutto per l’inclusione o meno dei giorni festivi): può essere utile affidarsi ad un legale.
- La malattia non preclude, di per sé, al dipendente di svolgere altra attività lavorativa ma questa deve essere compatibile con lo stato di salute e non rallentare o pregiudicare la guarigione.
- L’azienda ha la possibilità di avvalersi di agenzie investigative per verificare i comportamenti extralavorativi del dipendente durante la malattia ma non per compiere accertamenti sanitari sulla malattia stessa (riservati ai medici INPS).
Tenuto conto di queste regole, ogni azione deve essere approfondita sul caso concreto, prima di intraprendere autonomamente iniziative, sia lato azienda sia lato lavoratore. L’analisi può essere fatta in tempi brevi ma è fondamentale per evitare problematiche, inadempimenti e situazioni difficili poi da gestire.
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