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Ma come unire le tecnologie digitali con la ristorazione tradizionale?
Si chiama home restaurant, e si intende l’attività occasionale finalizzata alla condivisione di eventi enogastronomici esercitata da persone fisiche all’interno delle unità immobiliari ad uso abitativo, per il tramite di piattaforme digitali che mettono in contatto gli utenti anche a titolo gratuito, e con preparazione dei pasti all’interno delle strutture medesime.
L’iter legislativo
Ad oggi, in Italia, non vi è ancora una normativa ad hoc, ma il disegno di legge è approdato alla Camera dei Deputati con proposta n. 218 presentata il 12 luglio 2018 e assegnato alla commissione attività produttive in sede referente il 18 dicembre 2018. In realtà il predetto atto normativo riprende pressoché testualmente un precedente testo legislativo riproposto mediante procedimento abbreviato a seguito dello scioglimento delle Camere (proposta di legge n. 3258 Camera dei Deputati e disegno di legge n. 2647 Senato della Repubblica).
Le figure
La proposta di legge individua tre soggetti preposti alla gestione dell’attività di home restaurant.
- Il gestore ovvero colui che si occupa e gestisce la piattaforma digitale in cui si incontrano l’offerta e la domanda finalizzata all’organizzazione di eventi enogastronomici.
- L’utente operatore cuoco ovvero colui che svolge attività di home restaurant attraverso la piattaforma digitale.
- L’utente fruitore ovvero colui che attraverso la piattaforma digitale fruisce del servizio di home restaurant.
I requisiti
Più specificatamente, l’attività di organizzazione, preparazione, offerta e consumazione dei pasti, per rientrare nella definizione normativa deve presentare una serie di caratteristiche.
I principali requisiti sono:
- l’attività deve essere occasionale: non può superare il limite di 500 coperti per anno solare nè generare proventi per l’utente operatore cuoco superiori ad Euro 5.000,00 annui;
- l’unità immobiliare deve rispettare i requisiti di abitabilità e igiene previsti dalla normativa vigente e deve essere munita di polizza assicurativa che garantisca la responsabilità civile nei confronti dei terzi;
- l’incontro tra domanda e servizio deve essere gestito all’interno della piattaforma digitale: le transazioni devono avvenire esclusivamente attraverso detta struttura e mediante sistemi di pagamento elettronici;
- l’attività deve essere svolta in unità immobiliari ad uso abitativo in cui non sono esercitate attività turistico-ricettive: sostanzialmente deve essere svolta da consumatori, ovvero da persone che svolgono detta attività fuori dall’esercizio della professione eventualmente svolta e presso un immobile che non è un ristorante o un albergo;
A livello burocratico, il gestore dovrà comunicare ai Comuni le unità immobiliari presso cui si svolge attività di home restaurant (e quindi registrati presso la piattaforma). Un apposito decreto, che dovrà emanarsi successivamente al provvedimento, andrà a regolamentare detta situazione. Il gestore dovrà altresì verificare la presenza delle polizze assicurative per copertura dei rischi derivanti dall’attività di home restaurant e che assicuri la responsabilità civile verso i terzi.
Social eating
Diversa è invece l’attività di social eating la quale, a detta della proposta di legge, non sarà regolamentata ma rimarrà sostanzialmente libera. La differenza tra home restaurant e social eating è la seguente:
- si parla di home restaurant, quando l’attività non supera il limite di 500 coperti per anno solare e non genera proventi superiori ad Euro 5.000,00;
- si parla di social eating, quando gli eventi enogastronomici sono inferiori a 5, i pasti erogati nell’arco dell’anno solare sono inferiori a 50 nonché l’unità abitativa viene utilizzata per un numero di volte inferiore a 5.
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