Art vs Appropriation: l’arte appropriazionista esiste? L’arte appropriazionista è tutelata dal diritto d’autore? L’appropriation art viola il copyright?
Con l’articolo di oggi approfondiamo il concetto di arte appropriazionista chiedendoci quando può essere arte e quando invece non lo è; indagando su quali sono i requisiti per qualificarla come arte; interrogandoci su quali possono essere le ragioni per escludere dalla tutela del diritto d’autore.
Cos’è l’appropriation art?
Con “Appropriation Art” (Arte appropriazionista) si intendono le manifestazioni d’arte che riproducono immagini, creazioni artistiche altrui, oggetti (anche della cultura di massa) tali e quali all’originale, o con alterazioni e reinterpretazioni più o meno evidenti.
I ready-made di Duchamp hanno segnato un importante punto d’inizio per l’Appropriation Art, che ha avuto un successo notevole anche negli anni a seguire. Tale successo si accompagna ad una nuova concezione dell’Arte, che privilegia l’Idea e il Concetto anche a discapito del virtuosismo dell’artista e dell’estetica dell’opera.
L’Appropriation Art mette in discussione i tradizionali criteri di autenticità, originalità e autorialità dell’opera, proprio perché riproduce (telle quelle o con alcune modifiche, come si vedrà) una manifestazione artistica realizzata da altri. Ma può l’opera appropriazionista ricevere tutela nel mondo giuridico? Da un lato c’è il diritto d’autore sull’opera originaria, dall’altro la volontà di garantire la libertà di espressione, senza porre limiti alla creatività artistica. Come conciliare questi due aspetti?
USA: Appropriation Art e fair use
Gli Stati Uniti presentano un notevole numero di controversie riguardanti opere appropriazioniste (ad es.: Roger v. Koons – 1992, Cariou v. Prince – 2013, Graham v. Prince – 2017, …).
Secondo un consolidato orientamento, le Corti americane valutano la liceità di un lavoro di Appropriation Art sulla base dell’art. 107 del Copyright Act (1976). Si tratta di una norma sul fair use, che ammette l’uso lecito del lavoro altrui protetto da copyright, in ragione di alcune valutazioni riguardanti:
lo scopo e il carattere dell’uso fatto dell’opera altrui (commerciale, educativo, no profit…).
la natura del lavoro coperto da copyright (tipo di opera, lavoro già pubblicato, creazione che riproduce elementi della realtà o è interamente frutto della creatività del suo autore…);
la qualità e l’estensione dell’opera originaria utilizzata;
gli effetti derivanti dall’uso dell’opera originaria (aumento o diminuzione del valore di mercato dell’opera originaria. Ad es.: se il lavoro di Appropriation Art riproduce un lavoro inedito, l’opera originaria può vedere vanificato il proprio successo commerciale, perciò la valutazione di fair use sarà negativa).
Si tratta di un elenco esemplificativo, che lascia spazio ad ulteriori valutazioni nel caso concreto.
Nelle opere di Appropriation Art, il fair use viene riconosciuto se vi è un uso trasformativo dell’opera originaria. Ma quando si può parlare di uso trasformativo? In linea di principio si ha un uso trasformativo se la creazione di cui si è avvalso l’artista appropriazionista è stata alterata al punto da trasmettere un messaggio nuovo o diverso. Ovviamente l’uso di un’opera può dirsi trasformativo solo dopo un attento esame dei due lavori, cosa che richiede il parere di esperti del settore, e che non sempre porta a risultati univoci.
Ad esempio, nel caso Blanch v. Koons (2006), Koons aveva riprodotto nel proprio collage “Niagara” la fotografia “Silk Sandals by Gucci” realizzata da Blanch per una pubblicità. La Corte americana giudicava di tipo trasformativo l’uso della foto da parte di Koons, sulla base delle modifiche apportate agli elementi materiali (i colori, lo sfondo, le dimensioni dell’oggetto, i dettagli) e concettuali, visto che lo scopo, il significato e la destinazione dei due lavori sono completamente diversi.
Appropriation Art in Italia
L’Italia, al contrario degli Stati Uniti, non ha una giurisprudenza consolidata in tema di Arte Appropriazionista, ma ci sono due pronunce di merito che permettono di fare alcune importanti considerazioni:
- Fondazione Giacometti contro John Baldessari e la Fondazione Prada
(Trib. Milano 14/07/2011)
La controversia riguardava l’installazione Giacometti Variations, che riproduceva l’opera di Giacometti “Grande Femme II”, non solo ingrandendo e allungando le forme della figura, ma anche “vestendole”. Il Tribunale meneghino rigettava le pretese della fondazione Giacometti, ritenendo l’opera di Baldessari un’opera nuova in quanto:
– l’intervento dell’artista risultava consistente con riferimento ai tratti, alle dimensioni, ai materiali e alle forme delle sculture;
– il significato dell’installazione era profondamente cambiato: la magrezza non rappresentava più – l’espressione tragica del dopoguerra, ma era una rigida regola imposta dalla moda.
Il Tribunale evidenziava che la trasformazione era avvenuta sul piano sia materiale che concettuale: una motivazione che ricorda la giurisprudenza americana del fair use e l’uso trasformativo. - Sanguinetti contro Samson Kambalu e la Biennale di Venezia
(Trib. Venezia 07/11/2015)
Alla 56^ Biennale di Venezia l’artista Samson Kambalu aveva presentato l’installazione “Sanguinetti Breakout Area”. Tale opera mostrava tremila fotografie di documenti, scritti, disegni e foto dell’artista situazionista Gianfranco Sanguinetti, che, insieme all’archivio situazionista di Sanguinetti, erano stati acquistati all’asta dall’archivio Beinecke Rare Book & Manuscript Library.
La Corte riteneva lecita la condotta di Kambalu, sulla base di tre motivi:
– l’opera trasmetteva un messaggio creativo e originale, percepibile senza difficoltà;
– la rivisitazione o trasformazione dell’opera originaria con un “riconoscibile apporto creativo” rendeva l’installazione un’elaborazione originale e autonoma;
– l’opera trasmetteva un “messaggio di critica sarcastica”, evidenziando mediante il détournement, lo scandalo e la beffa, la contraddizione tra la battaglia contro la mercificazione dell’opera d’arte di cui era promotore Sanguinetti, e la vendita da parte dello stesso delle proprie opere.
L’opera di Kambalu si poteva quindi ritenere lecita, perché rientrante nell’ambito della parodia.
Appropriation Art e Parodia
Si può considerare la parodia come un’eccezione al diritto d’autore: se l’opera d’arte appropriazionista è la parodia di un’opera originaria, essa non viola il diritto d’autore, ma costituisce una creazione artistica autonoma. La Legge sul Diritto d’Autore non contiene alcuna norma sulla parodia (anche se alcuni la qualificano come una riproduzione parziale con scopo di critica, tutelabile ai sensi dell’art. 70 della L. 633/1941). Essa comunque trova tutela costituzionale in forza degli artt. 21 e 33, costituendo una manifestazione della libertà di pensiero. In ambito sovranazionale, la Direttiva europea 2001/29/CE all’art. 5 co. 3 dispone che possono essere apposte delle eccezioni al diritto d’autore “quando l’utilizzo avvenga a scopo di caricatura, parodia o pastiche”.
La giurisprudenza italiana, richiamando un’importanze sentenza della Corte di Giustizia (201/2013), ha individuato alcune caratteristiche della parodia che possono tornare utili per valutare la liceità dell’Arte Appropriazionista, in particolare:
Se l’opera si avvale del dètournement, dello scandalo e della beffa, e trasmette un messaggio originale e autonomo, essa si può considerare parodia della creazione originaria;
L’opera di parodia evoca l’opera originaria, ma con alcune percepibili differenze: essa può presentare gli stessi elementi esteriori, ma stravolgere i contenuti concettuali, con finalità comiche e satiriche;
Esiste un concetto di parodia in senso ampio, che include non solo le opere ironiche che inducono al riso, ma anche quelle manifestazioni creative che esprimono tragicità e dramma.
Appropriation Art e Diritto d’Autore: la L. 633/1941 tutela le forme d’Arte Appropriazionista?
In alcuni casi sì:
l’art. 4 della L. 633/1941 tutela le elaborazioni creative dell’opera originaria. Queste creazioni sono definite opere derivate: in esse vi è un riferimento sostanziale all’opera originaria, ma le variazioni apportate non sono rilevanti al punto da renderle opere autonome, nuove e originali. In questi casi è sempre necessario il consenso dell’autore dell’opera originaria, infatti, come disposto dall’art. 18, il diritto esclusivo di elaborazione e modificazione di un’opera appartiene in primis all’artista dell’opera originaria. Ecco perché le elaborazioni di cui all’art. 4 eseguite da altri devono essere preventivamente autorizzate.
l’art. 70 ammette la libera riproduzione di parti di opera e la loro libera comunicazione al pubblico se “effettuati per uso di critica o discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera”. Si devono sempre indicare il titolo dell’opera e i nomi dell’autore.
Questa norma non sempre è d’aiuto, come nel caso in cui l’artista appropriazionista riproduca l’opera originaria integralmente, senza citarne la fonte, e senza finalità di critica.
Appropriation Art: è arte la riproduzione di un’opera altrui, tale e quale? Che dire delle opere appropriazioniste che riproducono uguale l’opera originale?
La definizione giuridica di questi lavori è difficile e incerta:
- c’è chi sostiene che si tratti di opere illecite tout court, perché violano l’art. 70 della Legge sul Diritto d’Autore;
- secondo altri, invece, bisogna valutare se la creazione appropriazionista costituisca parodia dell’opera originale (il termine parodia deve intendersi nel suo senso ampio), oppure se ne stravolga così tanto il significato al punto da elevarsi ad opera nuova, autonoma e originale.
Gli studiosi del diritto però sono poco inclini a simili considerazioni, ritenendo che la mera trasformazione concettuale dell’opera, non accompagnata da modifiche di forma, non sia da sé sola idonea a fare dell’opera appropriazionista un’opera nuova, e perciò lecita.
Cosa rischio se faccio un’opera che riproduce un’opera altrui? E quindi, quali sono i rischi per gli artisti appropriazionisti?
L’artista appropriazionista può essere accusato di plagio e contraffazione, oltre a dover risarcire i danni all’autore dell’opera originaria per violazione del diritto d’autore. In questi casi può essere disposta la distruzione dell’opera stessa.