Disclaimer! Il titolo è poco giuridico e volutamente evocativo di una situazione in cui può trovarsi un grafico nella realizzazione di un progetto di comunicazione visiva per il proprio cliente. È tuttavia necessario tenere in debita considerazione la differenza tra il concetto tecnico, di logo e quello giuridico di marchio che sarà oggetto di uno dei prossimi articoli.
Ebbene, nel momento in cui viene ideato un logotipo, un pittogramma o comunque viene organizzata una campagna pubblicitaria, una delle prime cose che deve essere presa in considerazione e possibilmente mantenuta, affinché l’azienda possa acquisire capacità distintiva nel mercato concorrenziale, è la scelta del o dei colori da utilizzare.
Il graphic designer o l’art director a cui viene demandata l’esecuzione o la direzione di tali attività possono imbattersi in due situazioni che, in via esemplificativa, possono essere:
- Si può scegliere il viola Milka per realizzare il logo del proprio cliente che commercializza bulloneria?
I prodotti e servizi di un cliente appartengono ad una classe merceologica diversa rispetto a quella dell’azienda rinomata. Tuttavia, l’azienda rinomata ha registrato il proprio marchio di colore. - Si può optare per la combinazione di colori scelta da uno dei competitor del proprio cliente per la campagna pubblicitaria?
I prodotti e servizi del cliente sono affini a quelli del proprio competitor. Le aziende sono notorie solo a livello locale e il competitor non ha registrato il proprio marchio di colore.
Il marchio di colore
L’art 7 del Codice di proprietà industriale prevede la registrabilità come marchio d’impresa di segni atti a distinguere prodotti e servizi di un’impresa dalle altre, indicando come tali, tra gli altri, le combinazioni o le tonalità cromatiche.
Non è tuttavia così semplice registrare un marchio di colore. Infatti, deve trattarsi di tonalità molto particolari oppure di colori del tutto inusuali al prodotto a cui vengono apposti. Tale limite viene posto nell’interesse generale a non restringere indebitamente la disponibilità dei colori per gli altri operatori che offrono prodotti o servizi analoghi.

Ad esempio, la scelta compiuta da Kraft del viola per la confezione di Milka è insolita per il cioccolato. Il marchio di colore è stato regolarmente registrato in data 27.10.1999. Nella descrizione vengono esattamente indicate le coordinate specifiche nello spazio colore che, nel caso di specie, sono: L = 53,58 ±0,8; A = 15,78±0,5; B = -31,04±0,5.
All’opposto, nel caso di Luis Vuitton (Cass. n. 7254 del 2008), la Corte ha confermato la decisione impugnata che aveva dichiarato nulle le registrazioni eseguite dal brand di lusso, premettendo come il colore suscettibile di registrazione fosse unicamente quello avente delle particolari tonalità cromatiche, situazione assente nel caso di specie dacché i colori di cui la Vuitton vantava la registrazione erano quelli più frequentemente usati per la pelletteria (nero, marrone, beige, verde, rosso e azzurro) e che per questo non avevano alcuna funzione distintiva.
In generale quindi, l’azienda titolare del marchio di colore, rinomato, ha la facoltà di usare in modo esclusivo il proprio segno distintivo, vietando, al contempo ai terzi di usarlo nella propria attività economica. Il divieto vige per il segno identico o simile e, trattandosi di marchio rinomato, anche per prodotti e servizi diversi (ad esempio bulloneria) laddove l’indebito uso del colore consenta all’azienda di bulloni di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio oppure rechi pregiudizio al titolare del marchio notorio.
Laddove invece l’azienda titolare del marchio di colore non goda di rinomanza, la stessa potrà vietare l’utilizzo del proprio colore per prodotti o servizi identici ovvero per prodotti o servizi affini laddove a causa dell’indebito utilizzo possa determinarsi un rischio di confusione (o associazione) per il pubblico.
Il colore come atto di concorrenza sleale
Se invece il colore non è stato oggetto di registrazione come marchio, laddove sia utilizzata la stessa tonalità per prodotti appartenenti allo stesso settore merceologico ma realizzati da aziende differenti, in linea teorica potrebbe comunque ravvisarsi un rischio di confusione tra prodotti o associazione tra imprese. Il consumatore infatti potrebbe essere forviato al momento dell’acquisto e ritenere che si tratti di prodotti realizzati dalla stessa impresa o comunque di aziende collegate.
In tale situazione, l’utilizzo indebito dello stesso colore prescelto dal competitor potrebbe essere un atto di concorrenza sleale, così come disciplinato dall’art 2598 c.c., disposizione che, in generale vieta il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente.
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